Per un grandissimo tratto, ad eccezione del tratto a monte, può essere considerata come un solco che separa tra loro due delle più importanti catene montuose della Liguria.
A valle si collega, in località Confiente, al fiume Trebbia di cui è il principale affluente.
Il crinale di sinistra ha un'altezza superiore ai 1000 m. per una estensione di circa 33 km., molto frastagliato all'inizio (M. Caucaso) per la composizione di rocce scistose e tenere, diventa più ampio e regolare per la formazione di rocce dure e calcaree verso il M. delle Tane. Ad esso appartiene il Bric Oramala (m.1525) costituito da calcari, che dista dal M. Crociglia (m. 1578) nell'opposto crinale di destra solo 5150 m., riducendo la valle, su cui cadono ripidi i due versanti, ad una gola.
La costolatura di sinistra, risulta divisa dal torrente Gramizza (affluente dell'Aveto) in due gruppi: quello del M. Penna e quello del M. Maggiorasca, i cui nuclei, costituiti da rocce diabasiche e serpentinose, furono certamente gli elementi determinanti la valle.
Il Torrente Aveto, anticamente denominato Avanto (1*), nasce dal monte Caucaso (m. 1245) al passo dell'Acquapendente, a pochi metri dalla cresta spartiacque tra la valle dell'Aveto e la Val di Malvaro. Una zona, questa, scistosa e di facilissima erosione; se per frane od altre accidentalità di alcuni semiconi del bacino di origine del Malvaro, si abbassasse la linea di vetta della valli che li separa dall'Aveto di soli 30 metri, tutta questa prima parte del torrente verrebbe a cadere sul versante meridionale.
Dopo il primo tratto in cui scorre in una valle relativamente ampia e verdissima, l'Aveto entra nella piana di Cabanne, in località Parazzuolo, dove riceve le acque del primo subaffluente di una certa importanza, il Ventarola, che nasce dal M. Ramaceto (m. 1345), un gruppo isolato dovuto ad un affioramento cupolare di arenarie.
In questa zona la valle comincia ad ampliarsi, diminuendo notevolmente la pendenza a causa delle rocce serpentinose di Farfanosa e Costafigara che agirono per il passato come una chiusa.
Dalle chiuse di Massapello, l'Aveto, precipita per un breve tratto fra scogli, marmitte e laghetti fino a trovar pace nella zona compresa tra Brignole, Rezzoaglio ed il ponte di Alpepiana.
È qui che si arricchisce dell'apporto di altri affluenti tra cui il Gramizza, stabilitesi nella zona scistosa del versante occidentale del M. Maggiorasca (m. 1800) ed il rio Molini di S. Stefano d'Aveto, che divide dal M. Maggiorasca propriamente detto, il M. Croce di
Martincano (m.1723), il M. Nero (m. 1753), ilGroppo Rosso (m. 1586), mentre il Gramizza, per lo stesso motivo, lo divide dal M. Tornarlo (m. 1602).
Le catene dei monti verso la Val' Trebbia culminano dapprima nel M. Collere (m. 1288), poi nel M. Garba (m. 1326), nel Bric Oramala per proseguire infine nelle cime del Dego (m. 1427), nel monte Veri (m.1223) e nel M. delle Tane (m. 1198).Verso la Valle Sturla, il M. Aiona (m.1701) che si trova ad occidente del M. Penna (m. 1735) ed altre cime di minore altezza che gli si collegano, in modo particolare il M. degli Abeti (m. 1542), sono uniti da una interessante dorsale pianeggiante, il più alto terrazzo abrasivo che si conosca della Liguria, dando origine ad una serie di contrafforti e pendii rincalzati da valletto, foreste di abeti e macchie di faggi, con un tale campionario di piante alpine e subalpine da giustificare la riserva integrale delle Agoraie e del Lagastro, e la foresta demaniale delle Lame.
Le due riserve sono sede di depressioni crateriformi di origine glaciale, trasformati in pozzi assorbenti (non avendo scolo naturale), in piccoli ristagni d'acqua, che vengono impropriamente definiti laghi. I più notevoli sono i cosiddetti laghi delle Agoraie di cui i principali sono quattro, contigui, senza emissari; essi contribuiscono a rendere la località una delle più pittoresche dell'Appennino Ligure. In corrispondenza di un altro rivo, troviamo i due laghi degli Abeti: uno detto lago Riondo, è interamente asciutto d'estate, senza emissari in qualsiasi stagione, poco profondo e melmoso; l'altro molto più profondo (2*), è un pozzo naturale fornito in tutte le stagioni da emissari ed è chiamato lago Giavei. Poco lontano dai laghi degli Abeti si incontra il lago delle Lame o S. Bartolomeo (3*) crateriforme, in incavato nella roccia stessa a monte, e limitato da alture epigeniche a valle. Non avendo emissari, le sue acque diminuiscono in tempo di magra. In queste riserve hanno particolare rilievo i valori paesaggistici e ambientali, come risultante di un perfetto equilibrio tra gli aspetti geomorfologici del territorio, la flora e la fauna.
Un'altra foresta demaniale è quella del monte Penna frutto di passati rimboscamenti, ma la cui origine è molto antica.(1*) Molti credono che derivi da Abete poiché un tempo piante di questa specie vegetavano su questi monti invece dei faggi. Emanuele Celesia afferma che «ar», nelle lingue aramaiche ed iraniche, voglia dire fiume, e nell'antico slavo derivato equivaleva ad acqua. Quindi dopo ampia dimostrazione, l'autore asserisce che «ar», radice di fiumi, si trova spesso modificato in «ave» e «ava» come: Aveto, Avenza, la Drava, la Sava.
(2*) Anche se i contadini lo ritengono senza fondo.
(3*) La leggenda attribuisce l'origine del lago ad uno sprofondamento: infatti un giorno, la Madonna passò per questi monti e si fermò ad un paesello che si trovava dove ora è il lago, e qui tenne a battesimo un bambino. Con se aveva un sacco di farina che pensò di lasciare in custodia ai genitori del figlioccio, prima di riprendere il viaggio. Costoro però, vuotarono il sacco, lo riempirono di cenere appena coperta da uno strato di farina. Ritornata, la Madonna prese il sacco e per strada s'accorse dell'inganno; allora scagliò una maledizione su quel paese che sprofondò e si formò un lago; di tutti gli abitanti fu salvo solo il figlioccio, trovato nella culla che galleggiava sull'acqua.